Pitagora (Samo 580-500 a.C.) e i pitagorici

La tradizione considera Pitagora tra i primi matematici a concepire i numeri come entità astratte e gli attribuisce l’emblematica frase “Tutto è numero”, ovvero ogni cosa può essere ridotta a una relazione numerica.
Si suppone perfino che, per descrivere la propria attività intellettuale, Pitagora abbia coniato le parole filosofia - “amore per la sapienza” e matematica - “ciò che si apprende”.
Nella scuola, fondata a Crotone, imponeva ai propri seguaci – i pitagorici - un rigido stile di vita e di apprendimento, una vita per certi aspetti quasi monacale; al risveglio gli studenti erano invitati a ripetere i versi:

«Appena desti in ordine mettete
Le azioni da compiere nel giorno che viene.

Allo stesso modo, al calar della sera dovevano recitare:

Non permettete al sonno di chiudervi gli occhi
prima di avere tre volte riflettuto
sulle azioni della giornata: quali sono state giuste,
quali ingiuste, quali lasciate incompiute?»
. (Livio 2007, pp.43, 44)

Al di là dei racconti mitologici, poco si conosce di Pitagora e dei pitagorici, certo è che gli storici riconoscono loro un rilevante contributo allo sviluppo della matematica e alla sua applicazione. Si deve proprio agli autori pitagorici la definizione di proporzione sia essa “aritmetica”, “geometrica” o “armonica”.

Erma di “Pitagora”
Da un originale greco della metà del V secolo a.C.
Roma, Musei Capitolini.

Numeri

Il misticismo del numero non nacque con i pitagorici, ma per questi il Numero divenne un culto, l’espressione della divinità. In una visione maschilista differenziarono i numeri pari e dispari associando:

  • i pari alla femminilità – oscurità e male;
  • i dispari alla virilità – luminosità e bene.

Alcuni di questi pregiudizi hanno resistito per secoli. Idee simili si ritrovano nella teoria cosmologico-religiosa cinese dello Yin (principio femminile oscuro) e dello Yang (principio maschile luminoso).

Attribuirono inoltre speciali proprietà ad alcuni numeri raffigurabili geometricamente.

  • 1- Progenitore di tutti i numeri caratterizzava la ragione. Geometricamente rappresentato dal punto, a sua volta progenitore di tutte le dimensioni dello spazio.
  • 2- Il primo numero femminile, numero della divisione e dell’opinione. Geometricamente espresso dalla linea, determinata da due punti.
  • 3- Il primo vero numero maschile, il numero dell’armonia. Geometricamente espresso dal triangolo.
  • 4- Il numero della giustizia e dell’ordine. Geometricamente quattro punti, non giacenti sullo stesso piano, determinano un tetraedro, ovvero una piramide con quattro facce triangolari, con un volume a tre dimensioni.
  • 5- Il numero dell’amore e del matrimonio, somma del primo numero femminile con il primo numero maschile. Geometricamente espresso dal pentagono regolare. I pitagorici avevano adottato il pentagramma, “stella pitagorica” racchiusa nel cerchio divino, quale simbolo della confraternita.
  • 6- Il numero della creazione, il primo numero perfetto in quanto la somma dei suoi divisori è uguale al dividendo: 1 + 2 + 3 = 6. Il successivo è il 28 i cui divisori sono 1, 2, 4, 7 e 14.
  • 10- Tetraktis "quattro al triangolo", era il numero più sacro, il numero dell’universo, somma dei numeri rappresentanti tutte le dimensioni: 1 l’unicità, 2 la polarità, 3 l’armonia, 4 la realtà spaziale. Gli stessi numeri si ritrovano nei rapporti degli intervalli musicali.

Le forme geometriche danno vita ai numeri:
“triangolari” – 1, 3, 6, 10, 15, 21 …
“quadrati” – 1, 4, 9, 16, 25 …
“pentagonali” – 1, 5, 12, 22, 35 …
“esagonali” – 1, 6, 15, 28 …

Per i pitagorici numero e figura sono quindi inscindibili.

I numeri figurati della scuola pitagorica.

Musica

Nel mondo dei pitagorici il concetto di ordine numerico non riguardava soltanto la geometria, ma si estendeva alla musica e al cosmo.
«La tradizione attribuisce a Pitagora la scoperta della progressione armonica delle note della scala musicale, attraverso la constatazione che gli intervalli musicali e l’altezza delle note corrispondono alla lunghezza relativa delle corde di vibrazione. Pitagora osservò che dividere una corda tesa in base a numeri interi consecutivi permetteva di generare (entro certi limiti) suoni armoniosi e piacevoli, o “consonanti”. […] L’unisono si ha quando le corde hanno la stessa lunghezza (rapporto 1:1); l’ottava quando una corda è lunga la metà dell’altra (rapporto 1:2); la quinta, quando le lunghezze delle corde stanno tra loro come 2 sta a 3 (rapporto 2:3); la quarta quando le lunghezze stanno tra loro come 3 sta a 4 (rapporto 3:4). […] Queste prime, fondamentali scoperte furono la base della più sofisticata teoria degli intervalli musicali sviluppata nel XVI secolo (e alla quale, detto per inciso, contribuì tra gli altri Vincenzo Galilei, padre di Galileo). Una bella illustrazione di Franchinus Gafurius, apparsa nel Theorica Musice del 1492, mostra Pitagora che effettua esperimenti con vari oggetti atti a produrre suoni». (Livio 2007, pp. 48, 49)

Esclusa l’immagine in alto a sinistra, che riproduce la figura biblica di Jubal o Tubal, “padre di tutti coloro che suonano l’arpa o l’organo, «in tutte [le altre] raffigurazioni gli oggetti, usati per produrre il suono, recano le cifre 4, 6, 8, 9, 12, 16, e le teste di martello, le campane, le altezze del liquido, i pesi, la lunghezza dei flauti, illustrano questi rapporti per mezzo del variare delle rispettive dimensioni. […] Pitagora è mostrato mentre attesta l’armonia dell’ottava (8:16); nell’ultima figura, egli è in concerto con Filolao, il quale suona un flauto lungo il doppio del suo (8 e 16); inoltre Filolao porta due flauti, che esprimono la quinta (4 e 6) e Pitagora due altri che esprimono la quarta (9 e 12)». (Wittkower 1994, p. 122)

F. Gafurio
Tubalcain, Pitagora e Filolao
Da Theorica Musice.

Universo

I pitagorici conclusero che, come si poteva esprimere l’armonia attraverso i numeri, allo stesso modo, mediante la misura e la ragione, si poteva comprendere l’universo. Le osservazioni astronomiche suggerivano come i moti dei corpi celesti fossero regolari e sottoposti a un ordine preciso. Tralasciando la Terra e le Stelle Fisse, i pianeti conosciuti allora erano sette, tanti quante le note musicali e naturalmente a ogni pianeta venne associata una nota: da qui l’idea che nei loro movimenti anche i corpi celesti producessero una musica armoniosa: l’«armonia delle sfere» che non riusciamo a percepire perché è un suono continuo che corrisponde al nostro silenzio.


Sapevate che

Platone nella Republica narrò l’armonia delle sfere nel mito di Er.
«Er era un soldato morto in battaglia, al quale gli dèi diedero il permesso di tornare dal regno dei morti per raccontare agli uomini che cosa li aspetta nell’aldilà. E fra le altre cose egli narrò che uno dei passaggi obbligati per le anime dei morti è il Fuso della Necessità: una colonna di luce che si staglia fra cielo e terra, dotata di un rocchetto cosmico costituito da otto semisfere concentriche e ruotanti, corrispondenti ai sette pianeti e alle Stelle Fisse. Sui bordi delle semisfere siedono delle sirene, ciascuna delle quali canta la nota appropriata al pianeta.

Universo pitagorico.

Una variazione sul tema fu effettuata da Cicerone alla fine del De republica. Questa volta è Scipione l’Africano ad apparire in sogno al nipote, a mostrargli la disposizione, il moto e il suono delle sfere celesti, e a insegnargli che si può tornare alle stelle imitando quel suono in due modi: fisicamente, attraverso la musica, e mentalmente, ricercando la verità.
Il mito di Er divenne in seguito il soggetto de L’armonia delle sfere, il primo di una serie di intermezzi musicali alla commedia La pellegrina: commissionati per le nozze di Ferdinando de’ Medici, e prodotti dalla Camerata dei Bardi nel 1589, essi sono oggi considerati la prima opera lirica della storia. A sua volta, Il sogno di Scipione divenne nel 1772 un’omonima serenata drammatica, con libretto di Pietro Metastasio e musica di Wolfgang Amadeus Mozart». (Odifreddi 2004, p. 50)
Le idee pitagoriche si mantennero vive per secoli: nel 1619 Keplero scrisse L’armonia del mondo.

Nell’arte cristiana sono gli angeli musicanti e cantori ad esprimere l’armonia delle sfere e del cosmo. Essi compaiono per offrire all’uomo il dono della musica e vengono rappresentati con strumenti a volte puramente immaginari a sottolineare il carattere sovrannaturale e spirituale di quell’armonia; in questo caso l’ibrido di viella e il flauto a becco.

Gaudenzio Ferrari
Concerto angelico, 1534-36
Particolare
Saronno, Santuario della Madonna dei Miracoli.