Allegoria della PERSEVERANZA
Venezia, Gallerie dell'Accademia
In questa scena si nota il dio Bacco, un po’ appesantito e indolente, su di una carro trainato con fatica da dei bambini. Il dio è qui rappresentato con la ghirlanda in testa, il mantello rosso, simbolo di passione e vizio, e il piatto colmo di frutta che, in questo caso, offre a un guerriero con scudo, lancia, schinieri e mantello bianco. L’uomo preferisce camminare, anche se faticosamente, con le proprie gambe piuttosto che farsi trasportare debolmente dal carro; la sua espressione è comunque un po’ incerta, come di chi è tentato ma preferisce perseguire da solo la sua meta, la virtù, mostrando di saper perseverare e quindi un forte carattere. Sullo sfondo si rileva un paesaggio ricco di vegetazione e luminoso, per quanto disabitato. La Perseveranza sembra quindi vincere sulla tentazione e il vizio.
CONCETTI CHIAVE
L’evidenza che la tentazione si presenta spesso come la via più facile e comoda, non lasciandoci mai del tutto indifferenti.
La necessità di ben valutare, prendendo quasi le distanze dal vizio, munendosi degli strumenti utili per saper proseguire da soli.
La consapevolezza che l’ozio e la tentazione sono trainati da forze deboli.
L’inevitabilità di una sorta di duello virtuale tra corpo e anima.
PERSEVERANZA
Dante nel canto 30° del Purgatorio vede apparirgli Beatrice, avvolta in una nuvola di fiori, con un velo bianco e cinta d’ulivo, “sotto verde manto vestita di color di fiamma viva” (vv.32-33): i colori delle virtù teologali. La donna lo soccorre e lo rincuora dopo la partenza di Virgilio, ma anche lo ammonisce d’aver dubitato che la salvezza è in cielo, cercando la felicità invece solo nella sfera dell’umano.
Purgatorio, canto 30, vv. 58- 75
Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
viene a veder la gente che ministra
per li altri legni, e a ben far l'incora;
in su la sponda del carro sinistra,
quando mi volsi al suon del nome mio,
che di necessità qui si registra,
vidi la donna che pria m'appario
velata sotto l'angelica festa,
drizzar li occhi ver' me di qua dal rio.
Tutto che 'l vel che le scendea di testa,
cerchiato de le fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta,
regalmente ne l'atto ancor proterva
continuò come colui che dice
e 'l più caldo parlar dietro reserva:
«Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d'accedere al monte?
non sapei tu che qui è l'uom felice?».
Dante rimane immobile ascoltando il rimprovero, mentre gli angeli intonano canti di intercessione. Beatrice, sempre ferma sulla sponda del carro, si rivolge ad essi ma in realtà le sue parole sono per Dante perché il suo dolore sia pari alla colpa. Gli ricorda che quando ella morì, egli mancò di perseveranza e “volse i passi suoi per via non vera” (v.130) e a nulla valsero le buone ispirazioni, dato che si lasciò guidare dai piaceri fuggevoli prendendo una via più facile ma che lo portava alla perdizione. L’unico “strumento” per salvarlo fu il mostrargli “le perdute genti” e per questo Beatrice scese nel Limbo a pregare Virgilio. Ma sarebbe infranta la legge divina se si passasse il fiume Letè, che Dante dovrà attraversare, senza un sentito e profondo pentimento.
Purgatorio, canto 30, vv.130- 145
e volse i passi suoi per via non vera,
imagini di ben seguendo false,
che nulla promession rendono intera.
Né l'impetrare ispirazion mi valse,
con le quali e in sogno e altrimenti
lo rivocai; sì poco a lui ne calse!
Tanto giù cadde, che tutti argomenti
a la salute sua eran già corti,
fuor che mostrarli le perdute genti.
Per questo visitai l'uscio d'i morti
e a colui che l'ha qua sù condotto,
li prieghi miei, piangendo, furon porti.
Alto fato di Dio sarebbe rotto,
se Leté si passasse e tal vivanda
fosse gustata sanza alcuno scotto
di pentimento che lagrime spanda».
La legge del CONTRAPPASSO in Dante