Biennale Internazionale d’Arte di Venezia
L’idea dell’Esposizione, concepita nelle salette del caffè Florian da un gruppo di intellettuali tra cui il sindaco della città Riccardo Selvatico, vedrà la luce il 19 aprile 1893 con la delibera approvata dall’amministrazione comunale. L’intento è «di trovare nell’arte una leva di rilancio per la città, dimentica oramai dei fasti della Repubblica e ancora fiaccata dal dominio austriaco». (Roddolo 2003, p. 12)
La prima Biennale, inaugurata nel 1895 alla presenza dei regnanti Umberto I e Margherita di Savoia, si apre ai Giardini pubblici di Castello parzialmente recintati per l’occasione. Per assicurare il successo alla manifestazione si pensa ad un accordo con le ferrovie e l’afflusso di pubblico sarà notevole: 224.000 visitatori.
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Il Palazzo delle Esposizioni (la denominazione "Pro Arte" risale al 1914, anno della ristrutturazione ad opera di Guido Cirilli), composto da un salone e nove sale, presenta una classicheggiante facciata che riprende le forme del tempio greco sormontato da aquile e da una vittoria alata: sfarzosa scenografia realizzata in gesso e finto marmorino.
![]() Enrico Trevisanato, Marius De Maria e Bartolomeo Bezzi
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![]() Veduta di una sala della I Biennale, 1895. |
Nel tempo Il Palazzo delle Esposizioni si arricchirà di nuovi spazi e muterà più volte la facciata.
- Nel 1914 Guido Cirilli disegnerà, ancora in stucco e gesso, un prospetto moderatamente moderno: leggermente curvato, delimitato da due torrette e decorato da una delicata campitura geometrica.
- Lo stesso Cirilli interverrà nel 1930.
- Nel 1932 Duilio Torres eseguirà in “stile littorio” l’ennesimo maquillage alla facciata: uno spoglio attico decorato con i simboli del leone marciano e dell’aquila romana. Il Palazzo viene nominato Padiglione Italia, denominazione che si è mantenuta fino al 2009, anno in cui con la 53. Esposizione Internazionale d’Arte il Palazzo è tornato a chiamarsi Palazzo delle Esposizioni della Biennale.
- Nel 1968 Carlo Scarpa nascose le colonne dietro quinte scanalate: intervento temporaneo poi rimosso.
![]() Guido Cirilli
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![]() Guido Cirilli
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![]() Duilio Torres
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![]() Carlo Scarpa
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![]() Carlo Scarpa
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Dal 1907, su pressione dell’Ente, i governi stranieri inizieranno a costruire i padiglioni nazionali che costituiscono un’antologia dell’architettura del Novecento. «Il terreno veniva offerto gratuitamente, ma la proprietà rimaneva del Paese straniero: in tal modo, con discrezione, si fecero pagare le spese anche dei trasporti e degli allestimenti. Nessun’altra Esposizione al mondo riuscì a fare altrettanto». (Rizzi, Di Martino 1982, p. 28) |
![]() Giardini, 1926. |
![]() Giardini, 1934. |
Questo l'ordine cronologico di costruzione dei 29 padiglioni (tra parentesi il nome dell'autore): 1907 Belgio (Léon Sneyens), restaurato e trasformato più volte fino all’ultimo importante intervento di Virgilio Vallot nel 1948; 1909 Ungheria (Géza Rintel Maróti); 1909 Germania (Daniele Donghi), demolito e riedificato nel 1938 (Ernst Haiger); 1909 Gran Bretagna (Edwin Alfred Rickards); 1912 Francia (Faust Finzi; Umberto Bellotto è autore della balaustra in ferro battuto); 1912 Olanda (Gustav Ferdinand Boberg): il padiglione - destinato alla rappresentanza artistica svedese, nel 1913, dato che il negoziato di vendita al governo svedese non va a buon fine, viene assegnato all’Olanda che ne diventa definitamene responsabile nel 1916 - demolito e riedificato nel 1953 (Gerrit Thomas Rietveld); 1914 Russia (Aleksej V. Scusev); 1922 Spagna (Javier De Luque) con facciata rinnovata nel 1952 da Joaquin Vaquero Palacios; 1926 Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca (Otakar Novotny); 1930 Stati Uniti d'America (Chester Holmes Aldrich e William Adams Delano); 1932 Danimarca (Carl Brummer) ampliato nel 1958 da Peter Koch; 1932 Padiglione Venezia (Brenno Del Giudice), ampliato nel 1938; 1934 Austria (Josef Hoffmann); 1934 Grecia (M. Papandréou - B. Del Giudice); 1952 Israele (Zeev Rechter); 1952 Svizzera (Bruno Giacometti); 1954 Venezuela (Carlo Scarpa); 1956 Giappone (Takamasa Yoshizaka); 1956 Finlandia (Padiglione Alvar Aalto); 1958 Canada (Gruppo BBPR, Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers); 1960 Uruguay; 1962 Paesi Nordici: Svezia, Norvegia, Finlandia (Sverre Fehn); 1964 Brasile (Amerigo Marchesin); 1987 Australia (Philip Cox); 1995 Corea (Seok Chul Kim e Franco Mancuso). (www.labiennale.org) |
![]() Giardini, 2009. |
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All’inizio del secolo le inaugurazioni dei padiglioni e le visite di sovrani e principi furono gli avvenimenti di maggior richiamo, ma aldilà del successo di pubblico o del clamore mondano, nelle prime Biennali dominava il passatismo. Ben si comprende la ribellione dei futuristi.
Dopo la seconda guerra mondiale, la Biennale Arte acquisisce un ruolo sempre più crescente come facciata per l’arte contemporanea internazionale, esibendo, prima di tutto, movimenti d’avanguardia. |
Giacomo Balla
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Date da segnalare:
- 1928 - Viene istituito l'Archivio Storico d'Arte Contemporanea.
- 1930 – Primo Festival Internazionale di Musica Contemporanea (annuale dal 1937).
- 1930 - Con un Regio Decreto la Biennale diventa Ente Autonomo: la gestione della manifestazione non è più di competenza del Comune.
- 1931 – Da Ente Autonomo passa sotto il controllo dello Stato fascista.
- 1932 – Prima Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica (annuale dal 1935).
- 1934 – Prende il via il Festival Internazionale del Teatro di Prosa (annuale dal 1936).
- 1937 - Teatro e Musica vengono abbinati sotto la direzione di Luca Ronconi. Poi torneranno a essere Settori Autonomi.
- 1973 – Approvato il Nuovo Statuto della Biennale.
- 1980 - Prima Mostra Internazionale di Architettura.
- 1998 – La Biennale diventa “Società di Cultura” (l’ente diventa persona giuridica di diritto privato). Vengono riconosciuti come Settori autonomi anche l’ASAC e Danza.
- 1999 – Prima Biennale Danza.
- 2004 - La Biennale assume la denominazione di Fondazione.
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Curiosità «L’avvenimento più importante dell’anteguerra fu – stando alle cronache dell’epoca – l’inaugurazione del padiglione russo. […] La mattina del 29 aprile 1914 venne da Pietroburgo la stessa Granduchessa Wladimira col figlio Andrea ed una caterva di dignitari. Nel suggestivo padiglione costruito in stile religioso del diciottesimo secolo, fu eretto un altare nel quale il Pope celebrò un fastoso rito ortodosso. La Granduchessa fece distribuire, al termine, una ricca bomboniera che recava il suo ritratto e la riproduzione della facciata del padiglione. […] La “Casa d’Arte” dell’Accademia imperiale di Pietroburgo, come fu chiamato il padiglione russo, ebbe breve vita. Tre mesi dopo, nell’agosto 1914, scoppiò la guerra: le 121 opere rimasero chiuse nell’edificio per alcuni mesi e non si è mai saputo che fine abbiano fatto successivamente. Finita la guerra […] nella primavera del 1924 venne a Venezia un addetto dell’ambasciata sovietica a prendere in consegna il padiglione. Qualche settimana dopo sulla facciata comparvero quattro lettere cubitali: URSS. Sull’antenna del tetto sventolò con imbarazzo di tutti, una grande bandiera rossa con la falce e il martello». ((ibidem, p. 31) |
Padiglione russo |
Durante la prima guerra mondiale «i saloni dalle alte volte nati per ospitare l’arte diventano quartieri militari, mentre il palazzo dell’Esposizione viene adibito all’alloggiamento di truppe di batterie antiaeree». (Roddolo 2003, p. 21)