Torri e Campanili - A spasso per il territorio
Con lo scopo di comprendere meglio il rapporto che l’uomo da millenni intraprende con le proprie divinità, con l'insegnante di Religione abbiamo voluto analizzare dal punto di vista storico e architettonico alcune opere religiose di rilievo, che fanno parte da tempo della nostra cultura e fede religiosa. In particolare, abbiamo analizzato le torri campanarie del nostro territorio, fotografandole, registrando il suono prodotto dalle loro campane, e citando parte della loro storia.
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Noale - Torre dell’Orologio La Torre dell’ orologio o Grande o Trevisana o Civica costituiva l'entrata a levante dell'antico borgo medioevale; essa è alta 32 metri e, nel 1836, ne è stata decorata la sommità con i merli ghibellini che permangono tuttora, mentre prima la cella campanaria era coperta da un tetto di coppi a quattro spioventi. Essa possiede inoltre due orologi circolari dai quadranti celesti: uno sulla facciata che guarda Piazza Castello (con numeri arabi) ed un altro dal lato dell'incrocio delle Quattro Strade (con numeri romani). La torre viene infine utilizzata ogni anno, in occasione del Palio, per riproporre uno spettacolo pirotecnico che ne simula l'incendio. Baschiera Francesco, Cucciardi Alessandro, Scattolon Mattia |
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Maerne - Chiesa di San Pietro La chiesa, fondata all’incirca nel 1218 d.C. in stile gotico, ha subito nel corso del tempo diverse opere di ampliamento e di ristrutturazione. La torre campanaria è stata costruita nel 1394 demolendo un’antica torre di vedetta. Nel corso dei secoli - soprattutto in epoca moderna - ha subito diverse modifiche. Nel 1750 venne aggiunto l’orologio, che assieme ai rintocchi delle tre campane - due del 1807 e una del 1819 - scandiscono le ore della giornata. Dalla Valle Valentino |
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Campanile di Orgnano - Chiesa dei Santi Vito e Modesto La torre campanaria è uno dei pochi resti del castello di Orgnano, costruito nel corso del XII secolo e abbattuto verso la metà del 1500. È una costruzione in cotto, di forma quadrata, all'interno della quale si possono notare resti di affreschi eseguiti dal pittore Alessandro Dal Prà di Spinea nel 1813.
Squizzato Gioele |
Venezia - Chiesa dei Santi Apostoli L'interno è costituito da una navata a doppio ordine di pilastri. Subito sulla destra possiamo ammirare l'altare con la pala Cristo fra gli Apostoli di Sebastiano Santi, 1828 circa, al quale segue la quattrocentesca cappella Corner che, decorata con marmi molto pregiati, ospita le salme e i monumenti funebri di Marco e Giorgio Corner, rispettivamente padre e figlio di Caterina Corner regina di Cipro. La cappella è ulteriormente impreziosita dal bellissimo altare con la Comunione di santa Lucia di Giambattista Tiepolo, circa del 1748. Il secondo altare del lato destro ospita la pala La nascita della Vergine, del 1599, di Giovanni Contarini. L'altare maggiore con il tabernacolo a forma di tempietto circolare è stato progettato da Francesco Lazzari. Ai lati del presbiterio si ergono le statue di san Pietro e di san Paolo, realizzate da un ignoto secondo la maniera di Alessandro Vittoria. Sulle due pareti laterali l'Ultima cena di Cesare da Conegliano (1583) e la Caduta della manna, attribuita a Paolo Veronese e terminata dopo la morte dai suoi eredi. Nelle due cappelle laterali si sono salvati, anche se in condizioni non ottimali, gli affreschi trecenteschi. Sulla parete a destra della cappella maggiore è conservato il bassorilievo marmoreo di San Sebastiano, opera di Tullio Lombardo. Sul lato sinistro pale di Gaspare Diziani e di Domenico Maggiotto. Tra di esse il pulpito e il fonte battesimale. Sul comparto centrale del soffitto le opere di Fabio Canal, Comunione degli Apostoli e Esaltazione dell'Eucarestia, del XVIII secolo.
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![]() Giambattista Tiepolo
Cesare da Conegliano
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Campanile di Mogliano Veneto - Chiesa di Santa Maria Assunta Secondo l'atto di fondazione dell'abbazia benedettina di Mogliano, sullo stesso luogo dove sorge l'attuale chiesa si trovava una "pieve con fonte battesimale". Da ciò si può desumere che il paese aveva assunto già una certa rilevanza in età paleocristiana, in quanto anticamente i fonti battesimali erano posti solo presso le chiese più importanti. Sino al trasferimento della cattedra a Torcello, Mogliano dipese dalla diocesi di altino che comprendeva l'agro a sud del Sile; nel VII secolo fu invece assegnata alla diocesi di Treviso, a cui appartiene tutt'oggi. Come il resto del complesso, anche il campanile ha subito vari interventi di restauro, giustificati dal fatto che è una delle parti più antiche. I restauri del 1984 hanno rilevato che il tetto a guglia fu aggiunto in epoca successiva, prima comunque del XVI secolo - come testimoniano alcune raffigurazioni dell'epoca. All'interno si trovano quattro campane: risalgono tutte alla seconda metà dell' Ottocento, eccezion fatta per la campana maggiore, rifusa nel 1971. Potente Nicola |
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Campanile di Scorzè - Chiesa di San Benedetto Il campanile, alto 50 metri, risale al XVI secolo. Rialzato nel 1767, nel 1876 è stato integralmente restaurato sostituendo la cella campanaria, contenente, allo stato attuale, quattro campane. Nell'ultimo restauro del 1990 è stato scoperto un affresco sopra la porta d'ingresso raffigurante una Madonna con Bambino fino allora nascosto dalla meridiana del 1729. Trevisanello Mattia |
Borbiago - Chiesa di San Nicolò
Il culto per San Nicolò risale all’XI secolo, quando fu trasportato il corpo del Santo da Myra, una città della Turchia, a Bari. La chiesa prese il titolo di “parrocchiale” e fu sottoposta alla pieve di Borbiago con la giurisdizione della famiglia Corbelli. Il primo parroco ad esercitare la propria fede fu Antonio Rossetto. L’attuale costruzione si presenta molto diversa rispetto all’origine: l’edificio quattrocentesco presentava una facciata romanica con il protiro e il campanile incorporato nell’abside. Nel ‘600 la chiesa fu ampliata, furono aggiunte le due navate e realizzata una nuova abside. Nell’800 fu costruita la nuova facciata con elementi stilistici neorinascimentali. Le variazioni maggiori furono apportate all’interno, soprattutto dalla seconda metà del ‘900, con la sistemazione degli altari, la sostituzione dell’antico organo e la chiusura di alcune porte.
Il piccolo campanile originario, dichiarato pericolante, fu sostituito da una nuova costruzione più alta e distaccata e fu inaugurato nel 1939.
Cocchiara Giuseppe
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Dolo - Chiesa di San Rocco I primi documenti di una certa importanza risalgono al 1572. Nel 1585 fu il vescovo Federico Corner a concedere l’autonomia della chiesa, elevando il reggente alla dignità di parroco; poi nel 1687 fu emesso il decreto di inamovibilità e in seguito la chiesa fu elevata a Duomo e custode della Madonna dei Molini. La prima pagina del primo libro dei battezzati è datata 28 Gennaio 1593. L’attuale chiesa fu edificata tra il 1770 e il 1776 e dedicata al patrono San Rocco “D.O.M. ET B. ROCHO DICATUM AN. DOM. MDCCCXXIV”, la cui ricorrenza è il 16 Agosto. L’interno dell’edificio è un’unica navata spaziosa con le pareti ritmate da semicolonne con capitello corinzio; numerosi sono gli affreschi della scuola del Tiepolo sia sul soffitto che alle pareti. Al centro del soffitto un grande affresco ovoidale rappresenta la gloria di san Rocco, ai lati i quattro evangelisti. Nell’abside, dietro l’altare maggiore, è dipinto san Rocco, mentre ai lati sono raffigurate due natività: una con l’adorazione dei pastori, l’altra con quella dei Re Magi. Lungo le pareti si può ammirare Il sacrificio di Isacco, Il battesimo di Gesù, La riconciliazione di Giacobbe con Esaù, La visita dei tre angeli ad Abramo, Agar nel deserto. L’altare maggiore è scolpino nell’alabastro con angeli ai lati. A destra dell’altare c’è una cappella dedicata alla Madonna dei Molini, molto venerata dai dolesi. Sulla parete di sinistra vi è un bellissimo bassorilievo che rappresenta l’agonia di Gesù nell’orto e dei dipinti di epoca recente; ci sono inoltre quattro altari minori dedicati ai santi. La chiesa possiede inoltre un organo quale strumento di musica sacra. Nel 1790 sono state gettate le basi dell’attuale campanile la cui base è di circa 95 mq e l’altezza è di 83,5 m. Ci sono 8 campane di pregiata fattura ognuna dedicata ad un santo. Molto importante è la struttura lignea portante della cuspide ottagonale, all’interno della quale si trova un tronco di rovere alto 17 metri. Dalla cella campanaria si può godere di una vista panoramica di tutta la Riviera. De Riz Emanuele |
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Chiesa di Rio San Martino La chiesa parrocchiale di Rio San Martino venne consacrata nel 20 aprile 1512. Nel 1761 l’edificio venne restaurato e nel 1958 si eseguirono lavori di ampliamento. Il campanile, eretto tra il 1846-1856, è dotato di due tipi di campane: l’una è adibita all’utilizzo giornaliero per la segnalazione delle ore e alla celebrazione delle messe; l’altra suona cinque minuti prima dell’orario della messa. In passato le campane si suonavano anche per segnalare incendi o l’arrivo di tempeste. Michielan Andrea |
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Cappelletta - Chiesa di Santa Margherita Intitolata a Santa Margherita, fu costruita prima del XIV secolo assieme ad un piccolo campanile che la accompagna. È una piccola chiesa a tre navate, divise da archi sorretti da due colonne ciascuno. Vi si trovano cinque altari: oltre al maggiore, ornato della pala di Santa Margherita, vi sono quelli dedicati a San Defendente, alla Beata Vergine del Carmine, alla Madonna del Rosario e a Sant’Antonio. Un’altra pregevole opera qui conservata è un’antica acquasantiera marmorea in quanto è divisa in tre parti, ciascuna realizzata in uno stile differente. Perini Emanuele |
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Vigonza - Chiesa di Santa Margherita La chiesa del XIX secolo è situata nel centro urbano di Vigonza ed è sede parrocchiale dedicata a Margherita di Antiochia con il titolo di Santa Margherita Vergine e Martire. L'edificio, costruito tra il 1834 ed il 1837 su progetto di Jacopo Sacchetti, fu parzialmente ricostruito a causa dei danni subiti durante la seconda guerra mondiale, nuova è infatti la facciata realizzata nei tardi anni quaranta. Fa parte del complesso l'antico campanile risalente al XVI secolo, precedentemente addossato alla chiesa originaria. Celidoni Michele |
Campanile di Chirignago - Chiesa di San Giorgio
L’ardito campanile, costruito subito dopo la chiesa, tra il 1880 e il 1885, su progetto dell'architetto ed ingegnere Pietro Saccardo (1830-1903), è alto 45 metri e fu inaugurato e benedetto nel 1885. Portante a metà dell’altezza della facciata Sud un grande orologio, si nota per le eleganti rifiniture della cella campanaria a due piani sovrapposti e per lo zoccolo alla base con una bellissima modanatura in pietra a vista, tagliata a mano.
Alla base del campanile, sul lato Ovest, sopra la porticina d'ingresso, c'era un medaglione in marmo bianco del Trecento raffigurante San Giorgio a cavallo e il drago, patrono di Chirignago. Al momento della rimozione si è scoperto trattarsi di un manufatto di forma cilindrica, innestato profondamente nella muratura del campanile; ridotto notevolmente in lunghezza, ora si trova all’interno della chiesa, incastonato sull’ambone in marmo rosso.
Norbiato Niccolò
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«E allora, non chiedere mai per chi suoni la campana. Essa suona per te».
Camponogara, Chiesa di Santa Maria Assunta e San Prosdocimo Ascolta il suono delle campane di Camponogara e di Chirignago. Beda Mattia, Norbiato Niccolò |
![]() Il progetto originale di Pietro Saccardo (1830-1903) |
Altri suoni altre culture
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Il fūrin Il fūrin è una piccola campanella costituita da un involucro tondeggiante solitamente in ghisa da cui escono e pendono uno o più tubicini, che con il vento muovendosi e sbattendo contro l'involucro producono un suono piacevole. Il termine "fūrin" significa "campanella del vento", e si pronuncia come se la u fosse doppia, ossia fuurin e non furin, che invece significa "immoralità". Nei mesi estivi, la stagione più calda e umida in Giappone, i fūrin vengono appesi e lasciati tintinnare al vento in tutta la nazione, producendo un suono che si diffonde nelle campagne e nei centri più piccoli. Fondamentalmente le funzioni dei fūrin sono due: da un lato si ritiene che renda il caldo afoso dell'estate meno pesante ed opprimente, grazie al suo suono molto delicato, e d'altra parte è mantenuta ancora per il fūrin una funzione cultuale basata sulla credenza che il loro suono tenga lontani gli spiriti maligni dai luoghi abitati. Esiste poi un particolare tipo di fūrin usato a scopi metereologici. Ragusa Simone |
Il djembe
Il djembe è uno strumento di comunicazione sociale e come tale ha un ruolo molto importante nell'accompagnare danze cerimoniali e rituali, come nei battesimi, nei matrimoni, nei riti di circoncisione e nei funerali, praticamente le tappe fondamentali della vita, ma anche durante le feste "mondane". Il suonatore di djembe viene chiamato djembefola - fola significa suonatore.
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Le origini dello strumento sono certamente molto antiche; una delle ipotesi più diffuse è che provenga dalla regione di Wosolo (oggi nel Mali), dove sarebbe stato inventato dall'etnia Bamana circa 3000 anni fa. Si ritiene che il djembe si sia diffuso in Africa Occidentale intorno al primo millennio d.C., probabilmente ad opera dei Numu, una classe di fabbri delle etnie Mandinka e Susu. Nonostante la relazione dello strumento con una particolare classe, tuttavia, in Africa la pratica di suonare il djembe non viene considerata un privilegio ereditario (come avviene per altri strumenti, per esempio quelli tipici dei griot). Pare che anticamente i djembe fossero usati anche per trasmettere messaggi a distanza. Durante il colonialismo, i francesi diedero un contributo fondamentale allo studio e alla diffusione del djembe nel mondo occidentale. In Europa, il djembe iniziò a essere conosciuto a partire dagli anni quaranta, e divenne sempre più popolare nei decenni successivi. Molti Europei conobbero il djembe attraverso gli spettacoli de Les Ballets Africains di Papa Ladji Camara e Fodeba Keita. Verso la fine del XX secolo il djembe divenne uno degli strumenti "etnici" più popolari in Occidente. Questo crescente interesse internazionale per lo strumento fece sì che iniziassero a circolare esemplari prodotti in serie; i primi furono quelli realizzati daimobilifici del Ghana e pensati per la vendita ai turisti. Per fortuna però i maestri artigiani Guineani, Maliani, Ivoriani, Senegalesi e Burkinabè hanno continuato a costruire i veri djembe lottando contro il sempre più asfissiante sistema moderno di commercializzazione. Fattore Matteo
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