Pietro Falca detto Longhi, Ritratto di Goldoni, XVIII sec.

LA VILLEGGIATURA NELLE COMMEDIE DI CARLO GOLDONI
IVB 


La villeggiatura

La villeggiatura del carnevale 1756 (alle stampe nel 1758) rappresenta il dramma intimo che attraversa una giornata di vacanza in una villa nobiliare di una non precisata località. L’estrazione sociale dei villeggianti, tutti nobili e, a quanto pare, tutti in buone condizioni economiche (a parte chi si sta rovinando al gioco, gli altri riconoscono addirittura che in campagna si spende meno che in città e “con pochi paoli si fa figura” III.3.7), sembra agevolare questo processo di interiorizzazione.
Certo, sono presenti gli elementi topici del filone delle commedie sulla villeggiatura: l’ozio monotono della vacanza interrotto dalla febbre del gioco; flirt di coppie che si disfano e si ricompongono nel turn over dei cavalier serventi; scherzi e passatempi spensierati nei giardini o tra i campi; caccia a pernici e beccacce, ma anche a smaliziate villanelle; ospiti che vanno e vengono e che arricchiscono la conversazione coi loro resoconti di viaggio.

Entro questa cornice vacanziera, però, Goldoni ha posto al centro la crisi dei rapporti coniugali o, più latamente, affettivo-sentimentali, della società aristocratica.
Il Settecento, forse proprio in considerazione della convenzionalità del legame matrimoniale, ha istituzionalizzato un rapporto extraconiugale (su cui ironizza Parini) che consente alla donna sposata di avere al suo fianco un uomo diverso dal marito, che la serve e la onora in ogni occasione della vita di società, e che le è stato addirittura destinato con una clausola del contratto matrimoniale: è la pratica del “cicisbeismo”, o, per meglio dire, del serventismo (perché, anche a livello lessicale, il termine ricorrente è “cavalier servente”, non cicisbeo).
La presenza del cavalier servente, legittimata dal costume del tempo, non è il soggetto, ma piuttosto l’effetto-spia di una situazione di crisi sentimentale ed affettiva legata alla crisi dell’istituto matrimoniale nella società nobiliare, autentico argomento della commedia.
Protagonista della commedia è una coppia di nobili, Lavinia e don Gasparo, in villeggiatura in una non precisata località; tra gli ospiti vi sono Florida, una nobildonna, e il suo cavalier servente don Mauro, a cui si sommano don Paoluccio, cavalier servente di Lavinia, ed altri personaggi minori.

Rielaborazione da Q.Marini (a cura di), Introduzione a La villeggiatura, Letteratura universale Marsilio, Venezia, 2006

Osservazioni degli studenti

Nel momento in cui Lavinia e il marito Gasparo si confrontano, si nota come il loro rapporto sia complicato: quando don Gasparo torna dalla sua battuta di caccia, viene fatto chiamare dalla moglie e i due iniziano una discussione molto accesa. Ella lo rimprovera, accusandolo di non trascorrere il tempo dovuto con la propria consorte e gli propone di stare a letto con lei la mattina, invece di andare a caccia. Don Gasparo ribatte, sostenendo che lei potrebbe andare a letto insieme a lui la sera, invece di continuare a fare conversazione con gli ospiti della villa. La proposta avanzata da Lavinia ci fa notare che è presente in lei un interesse nei confronti del marito, il quale, però, non è disposto a rinunciare alla caccia: neanche lei, d'altra parte, è disposta a sacrificarsi.
Quando Lavinia parla al marito dell'arrivo del suo cavalier servente, don Paoluccio, Gasparo non è minimamente geloso: alla domanda di Lavinia "Qual camera, quale letto gli vogliamo noi dare?", egli risponde "Basta che non gli diate il mio".
Ecco una sequenza del dialogo tra i due:


Atto primo, scena VIII
GASPARO Sono allegro questa mattina. Ho preso sei beccaccie, quattro pernici ed un francolino.
LAVINIA Ho piacere che vi sia del selvatico. Se viene don Paoluccio...
GASPARO Oh, del mio selvatico don Paoluccio non ne mangia.
LAVINIA E che ne volete fare dunque?
GASPARO Mangiarmelo con chi mi pare.
LAVINIA Colle villane?
GASPARO Colle villane.
LAVINIA Si può sentire un gusto più vile?
GASPARO Consolatevi, che voi avete un gusto più delicato.
LAVINIA Se non foss'io che sostenessi l'onore della casa...
GASPARO Veramente vi sono obbligato. Se non ci foste voi, non averei la casa piena di cavalieri.
LAVINIA E che cosa vorreste dire?
GASPARO Zitto; non andate in collera.
LAVINIA Se stesse a me, quanti meno verrebbono a mangiar il nostro. Don Ciccio per il primo non ci verrebbe.
GASPARO Guardate che diversità d'opinione! Ed io quello me lo godo infinitamente.
LAVINIA Fra voi e me non si va d'accordo perfettamente.
GASPARO Ehi, ps, ps. (chiama verso la scena)
LAVINIA Chi chiamate?
GASPARO Chiamo quelle ragazze.
LAVINIA Che cosa volete da loro?
GASPARO Quello che vogl'io, non lo avete da saper voi.

F.Galesi, L.Gazzato, E.Girotto, D.Masiero, A.Menti, classe IV BIN

Pietro Longhi, Il sarto, 1741

Luigi Ponelato, Il cicisbeo, 1790

La fedeltà nell'amore

Atto primo, scena VIII
PAOLUCCIO Mi rallegro, donna Florida, vedervi in compagnia di donna Lavinia. La vostra amicizia è sempre la stessa, costante, singolare, esemplare. (verso donna Lavinia)
LAVINIA La costanza della mia amicizia vi dovrebbe esser nota. (a don Paoluccio)
PAOLUCCIO È vero, ho prese anch'io le prime lezioni sotto una sì gentile maestra; ma! non saprei: l'aria del gran mondo guasta il cuore degli uomini. Lo credereste? Dacché manco dal mio paese, la mia costanza non ha avuto periodo lungo più di quindici giorni.
FLORIDA Veramente è una cosa comoda quel variare.
LAVINIA Dunque don Paoluccio non ha per me la bontà solita, non ha la solita stima.
PAOLUCCIO Sì certamente. Ho tutto il rispetto per donna Lavinia. Voi meritate di essere adorata. Ho sempre riputati felici i primi giorni della mia libertà che a voi ho sacrificata; e l'unico rammarico mio fu sinora, non sapere chi sia stato il mio successore nel possedimento della grazia vostra.
LAVINIA Voi mi offendete, dubitando che possa avere mancato con voi al dovere dell'amicizia.

Osservazioni degli studenti

Goldoni, in questa scena, descrive due visioni contrapposte del rapporto affettivo tra dama e cavalier servente.
Florida, da subito, spiega come per lei i cavalier serventi sono dei "passatempi", precisando come in due anni ne abbia cambiati sette: si definisce un'amante delle novità.
Dall'altra parte, Lavinia rappresenta la persona fedele: secondo lei, il cavalier servente è la persona nella quale ricercare il vero amore, mai trovato nel marito. E' una donna sensibile che crede nei rapporti affettivi, anche a distanza. Per questo si sente particolarmente offesa dal fatto che don Paoluccio dubiti della sua fedeltà. Don Paoluccio, infatti, non crede che la fedeltà sia una virtù:


Atto secondo, scena VI

LAVINIA Chi è di là? Da sedere. (Servitori accostano le sedie, e tutti siedono)
PAOLUCCIO Favorite, don Mauro, acciò possiamo ridurre la questione al suo vero principio. Favorite darmi la definizione della costanza.
MAURO La costanza è una fermezza d'animo, una perseveranza in un proposito creduto buono, la quale né dal timore, né dalla speranza può essere deviata.
PAOLUCCIO Signore mie, vi sottoscrivete a questa definizione? (alle donne)
LAVINIA Io sì certamente, e non può essere concepita meglio.
FLORIDA Io non ne sono assai persuasa. Mi aspetto da don Paoluccio qualche cosa di più.
PAOLUCCIO Per dir il vero, la definizione di don Mauro è scolastica troppo, e troppo comune. Questo termine di perseveranza è buonissimo in altre occasioni, non in quella in cui ci troviamo, non nel proposito di cui si tratta. Piacquemi, quando egli disse essere la costanza una fermezza d'animo; ma l'animo può esser fermo, senza essere perseverante. Fermezza non vuol sempre dire durevolezza in un proposito che non si muta; ma fortezza, virilità, superiorità di spirito nelle passioni, quello che dagli oltramontani si chiama spirito forte: ond'io riduco la virtù ammirabile della costanza ad una intrepidezza di animo che tutto soffre, e delle proprie passioni non si fa schiavo.
LAVINIA Voi dunque distruggete la fedeltà.
PAOLUCCIO No, perdonatemi, non la distruggo; ma questa bella virtù non può mai esser tiranna.

D.Favaron, I.Guidotto, A.Lunardi, D.Patron, classe IV BIN

G.D.Tiepolo, La passeggiata, 1791

G.D.Tiepolo, Il minuetto in villa, 1791

Un lieto fine?

Atto terzo, scena ultima
PAOLUCCIO Vi domando perdono. Castigatemi, che lo merito. Privatemi della vostra grazia. Cedo il posto a don Mauro, ed io colla mia costanza di animo soffrirò quest'ultimo dispiacere.
LAVINIA Volete dire, che v'importa di me, come di donna Florida. Don Paoluccio, vi consiglio mutar paese e mutar costume, o voi sarete il ridicolo delle nostre conversazioni. Qui s'apprezza la vera costanza, quella che in una nobile servitù è l'unico prezzo della fatica. Ero io disposta a serbarvela eternamente, voi m'insegnaste a mutar pensiero. Non vi lagnate che di voi stesso, se lasciandovi in quella libertà che mostrate desiderare, consacrerò in avvenire tutte le mie oneste attenzioni, tutte le mie nobili brame, al virtuoso don Mauro.
PAOLUCCIO Costanza d'animo, non mi abbandonare.
LAVINIA Ecco terminata la nostra Villeggiatura: sarebbe stata assai più piacevole, se le gelosie, se i puntigli non l'avessero intorbidata; comunque stata ella sia, potrà dirsi felice, se onorata sarà dagli umanissimi spettatori di un clementissimo aggradimento.
Fine della Commedia.

Osservazioni degli studenti

Nel finale di questa commedia, Goldoni mette in luce come la protagonista, donna Lavinia, sia scontenta sia della sua vita matrimoniale sia della relazione con don Paoluccio che la tradisce. Anche Lavinia, da parte sua, tradisce il marito e cerca la felicità al di fuori del matrimonio. Dopo che la sua relazione con Paoluccio è giunta al termine e dopo aver perso le speranze di poter vivere un amore puro e sincero, decide, con una scusa, di far ritorno in città e quindi di concludere la villeggiatura in anticipo. "E' meglio sciogliere la commedia, troncare le scene per tempo, finire la villeggiatura e con un pretesto ragionevole e sano tornare innanzi sera in città.": con questa frase di Lavinia, Goldoni decide di concludere anche la commedia, non vedendo altre possibilità di sviluppo, nonostante la speranza di Lavinia di avere una relazione con don Mauro. Ma per Lavinia sarà molto difficile uscire da questa situazione, ossia vivere una vita condannata alla ricerca di un amore che la soddisfi.

M.Bottacin, D.Campello, M.Nalon, S.Marcato, classe IV BIN