LA VILLEGGIATURA NELLE COMMEDIE DI CARLO GOLDONI
IVB   

Pietro Falca detto Longhi, Gruppo di famiglia, 1746

La trilogia della villeggiatura

L'AUTORE A CHI LEGGE

L'innocente divertimento della campagna è divenuto a' dì nostri una passione, una manìa, un disordine. Virgilio, il Sannazzaro, e tanti altri panegiristi della vita campestre, hanno innamorato gli uomini dell'amena tranquillità del ritiro; ma l'ambizione ha penetrato nelle foreste: i villeggianti portano seco loro in campagna la pompa ed il tumulto delle Città, ed hanno avvelenato il piacere dei villici e dei pastori, i quali dalla superbia de' loro padroni apprendono la loro miseria. Quest'argomento è sì fecondo di ridicolo e di stravaganze, che mi hanno fornito materia per comporre cinque Commedie, le quali sono tutte fondate sulla verità: eppure non si somigliano. Dopo aver dato al pubblico i Malcontenti e la Villeggiatura, la prima nel Tomo terzo, la seconda nel Tomo quarto del mio Teatro Comico dell'edizion del Pitteri; ho trovato ancora di che soddisfarmi e di che fornire, non so s'io dica il mio capriccio o il mio zelo, contro un simile fanatismo. Ho concepita nel medesimo tempo l'idea di tre commedie consecutive. La prima intitolata: Le Smanie per la Villeggiatura; la seconda: Le Avventure della Villeggiatura; la terza; Il Ritorno dalla Villeggiatura. Nella prima si vedono i pazzi preparativi; nella seconda la folle condotta; nella terza le conseguenze dolorose che ne provengono. I personaggi principali di queste tre rappresentazioni, che sono sempre gli stessi, sono di quell'ordine di persone che ho voluto prendere precisamente di mira; cioè di un rango civile, non nobile e non ricco; poiché i nobili e ricchi sono autorizzati dal grado e dalla fortuna a fare qualche cosa di più degli altri. L'ambizione de' piccioli vuol figurare coi grandi, e questo è il ridicolo ch'io ho cercato di porre in veduta, per correggerlo, se fia possibile. Queste tre Commedie, fortunate egualmente pel loro incontro, e per l'universale aggradimento del pubblico, sono state separatamente rappresentate con una distanza di qualche tempo dall'una all'altra, essendo con tal arte composte, che ciascheduna può figurare da sé, e tutte e tre insieme si uniscono perfettamente. Poteva io dunque per la stessa ragione separarle ne' Tomi della mia novella edizione, contentandomi di dare una Commedia inedita per ciascheduno, a tenore della promessa. Ma ho esaminato il fondo che ho ancora delle cose inedite: veggo che posso abbondare senza timor che mi manchino, ed ho piacere di dar unito un quadro, che piacerà davantaggio. Osserverà meglio così il Leggitore la continuazion de' caratteri sostenuti in tre differenti azioni; e se una delle difficoltà del Dramma consiste nel sostenere i caratteri in un'opera sola, piacerà ancor più vederli in tre sostenuti.

Carlo Goldoni, Le smanie per la villeggiatura, 1761

Pietro Falca detto Longhi, La toletta, 1741

Le smanie per la villeggiatura

Le tre commedie che compongono la trilogia della villeggiatura furono rappresentate al teatro di San Luca di Venezia durante l’autunno del 1761: Le smanie per la villeggiatura e Le avventure della villeggiatura in ottobre, Il ritorno dalla villeggiatura alla fine del mese successivo, dopo il giorno di Santa Caterina (25 novembre) che segnava il ritorno dei Veneziani in città dalle loro ville o case di campagna.
Questa coincidenza fra il tempo della favola e il tempo della vita, cioè fra gli eventi rappresentati nell’ultima delle tre commedie e quelli che si svolgono fuori dal teatro, è significativa. Goldoni, invitato nelle ville, aveva avuto occasione di rilevare il contrasto tra il villeggiare agiato dei gran signori e quello affannoso, perché spesso al di sopra delle loro possibilità, dei borghesi che cercavano di imitare i nobili.
Su questi borghesi si concentra, nella trilogia, la vena satirica e polemica di Goldoni: invece di darsi una fisionomia propria, un’ideologia fondata sul lavoro, sulla ragione e su una cultura più europea, i borghesi vogliono “fare come i nobili” proprio in quegli atteggiamenti e costumi, lusso, ostentazione, vizi, che stavano minando l’egemonia del patriziato. Una critica affine a quella goldoniana è rintracciabile anche negli scritti di Gasparo Gozzi, in particolare nei versi di uno dei suoi Sermoni, dedicato alla villeggiatura.

Nella prima delle tre commedie, Le smanie per la villeggiatura, la partenza di Leonardo per la villeggiatura è amareggiata dai debiti che egli lascia in città, dai capricci e dalle spese della sorella Vittoria, ma soprattutto dalla gelosia che gli cagiona la decisione di Filippo, suo vicino in campagna e padre di Giacinta da lui amata, di invitare con loro in villa il giovane Guglielmo.
E' stata Giacinta ad insistere perchè l'invito a Guglielmo sia mantenuto, anche dopo che lei si è promessa a Leonardo, per "guarire" quest'ultimo da una gelosia che la offende e che potrebbe aggravarsi dopo il matrimonio.

Sintesi dall’ Introduzione di F.Fido a Carlo Goldoni, Trilogia della villeggiatura, Marsilio, Venezia, 2005

La moda nel Settecento

All’interno delle sue ville, il patriziato veneziano – quello che se lo poteva permettere, naturalmente – viveva nel lusso: un lusso che proprio nel ‘700 tende trasformarsi in una frenetica corsa al superfluo e in cui la moda viene ad assumere un ruolo sempre più fondamentale. Caratterizzata all’epoca medievale da mutamenti su lunghissimo periodo, con il XV secolo la moda aveva cominciato a sottostare a evoluzioni molto più rapide. Ma è con il XVI e, soprattutto con il XVIII secolo che il lusso assume caratteristiche rovinose per chi accetta la sua logica ed i mutamenti della moda divengono vorticosamente rapidi. Spinti a differenziarsi dai membri delle arricchite famiglie borghesi, che li imitano nei costumi, negli usi, nell’abbigliamento, i membri del patriziato si lanciano a capofitto all’interno della logica e dei modelli culturali che sottendono al fenomeno della moda.

Tratto da P.Mometto, La vita in villa, in Storia della cultura veneta, Il Settecento, V.5/1, p.617


Le esigenze di Vittoria

Atto primo, scena III
VITTORIA: Signor fratello, è egli vero che avete ordinato i cavalli di posta, e che si ha da partir questa sera?
LEONARDO: Sì certo. Non si stabilì così fin da ieri?
VITTORIA: Ieri vi ho detto che sperava di poter essere all'ordine per partire; ma ora vi dico che non lo sono, e mandate a sospendere l'ordinazion dei cavalli, perché assolutamente per oggi non si può partire.
LEONARDO: E perché per oggi non si può partire?
VITTORIA: Perché il sarto non mi ha terminato il mio mariage.
LEONARDO: Che diavolo è questo mariage?
VITTORIA: È un vestito all'ultima moda.
LEONARDO: Se non è finito, ve lo potrà mandare in campagna.
VITTORIA: No, certo. Voglio che me lo provi, e lo voglio veder finito.
LEONARDO: Ma la partenza non si può differire. Siamo in concerto d'andar insieme col signor Filippo, e colla signora Giacinta, e si ha detto di partir oggi.
VITTORIA: Tanto peggio. So che la signora Giacinta è di buon gusto, e non voglio venire col pericolo di scomparire in faccia di lei.
LEONARDO: Degli abiti ne avete in abbondanza; potete comparire al par di chi che sia.
VITTORIA: Io non ho che delle anticaglie.

Osservazioni degli studenti

Nella commedia le figure di Vittoria e Giacinta confermano come il vestito non è solo qualcosa che adorna la persona, ma quello che conta veramente è l'immagine che si costruisce indossando il capo.
Il sacrificio per acquistare il vestito da sfoggiare era irrisorio, l'importante era crearsi un'immagine all'interno delle famiglie di prestigio.

A.De Marchi, D.Bellia classe IV B IN


Nella decima scena del primo atto, Giacinta chiede al padre Filippo di comprarle una sopravveste di seta per il viaggio e il padre, dopo un'animata discussione sul motivo dell'acquisto, afferma: "Sì, veniamo alla conclusione: lo spendere è sempre stato alla moda". Questa affermazione riporta alla tesi di Mometto, in quanto fa notare che, in sostanza, è lo spendere denaro ad essere assurdamente di moda e, per questo, dopo una serie di critiche alla figlia, Filippo è costretto a cedere alle sue richieste.

D.Masiero, M.Miele classe IV BIN

Pietro Falca detto Longhi, La cioccolata del mattino, particolare

Le necessità della villeggiatura

Atto primo, scena prima, LEONARDO E IL SUO CAMERIERE PAOLO
PAOLO: Ella comandi, ed io farò tutto quello che potrò fare.
LEONARDO: Prima di tutto, facciamo un poco di scandaglio di quel, che c'è, e di quello, che ci vorrebbe. Le posate ho timore che siano poche.
PAOLO: Due dozzine dovrebbero essere sufficienti.
LEONARDO: Per l'ordinario lo credo anch'io. Ma chi mi assicura, che non vengano delle truppe d'amici? In campagna si suol tenere tavola aperta. Convien essere preparati. Le posate si mutano frequentemente, e due coltelliere non bastano.
PAOLO: La prego perdonarmi, se parlo troppo liberamente. Vossignoria non è obbligata di fare tutto quello che fanno i marchesi fiorentini, che hanno feudi e tenute grandissime, e cariche, e dignità grandiose.
LEONARDO: Io non ho bisogno che il mio cameriere mi venga a fare il pedante.
PAOLO: Perdoni; non parlo più.
LEONARDO: Nel caso, in cui sono, ho da eccedere le bisogna. Il mio casino di campagna è contiguo a quello del signor Filippo. Egli è avvezzo a trattarsi bene; è uomo splendido, generoso; le sue villeggiature sono magnifiche, ed io non ho da farmi scorgere, non ho da scomparire in faccia di lui.
PAOLO: Faccia tutto quello che le detta la sua prudenza.
LEONARDO: Andate da monsieur Gurland, e pregatelo per parte mia, che mi favorisca prestarmi due coltelliere, quattro sottocoppe, e sei candelieri d'argento.
PAOLO: Sarà servita.
LEONARDO: Andate poscia dal mio droghiere, fatevi dare dieci libbre di caffè, cinquanta libbre di cioccolata, venti libbre di zucchero, e un sortimento di spezierie per cucina.
PAOLO: Si ha da pagare?
LEONARDO: No, ditegli, che lo pagherò al mio ritorno.

Sul lusso legato al consumo di bevande come il caffè e la cioccolata, Parini scrive, parlando della colazione del "giovin signore", ne Il Giorno, versi dall'ironia tagliente, che evocano, in un crescendo che assume tratti drammatici, la strage degli indios compiuta dai conquistadores spagnoli.

Perchè andare in villeggiatura?

Atto secondo, scena IX
Filippo e Fulgenzio
FULGENZIO: Buon giorno, signor Filippo.
FILIPPO: Riverisco il mio carissimo signor Fulgenzio. Che buon vento vi conduce da queste parti?
FULGENZIO: La buona amicizia, il desiderio di rivedervi prima che andiate in villa, e di potervi dare il buon viaggio.
FILIPPO: Son obbligato al vostro amore, alla vostra cordialità, e mi fareste una gran finezza, se vi compiaceste di venir con me.
FULGENZIO: No, caro amico, vi ringrazio. Sono stato in campagna alla raccolta del grano, ci sono stato alla semina, sono tornato per le biade minute, e ci anderò per il vino. Ma son solito di andar solo, e di starvi quanto esigono i miei interessi, e non più.
FILIPPO: Circa agl'interessi della campagna, poco più, poco meno, ci abbado anch'io, ma solo non ci posso stare. Amo la compagnia, ed ho piacere nel tempo medesimo di agire, e di divertirmi

Osservazioni degli studenti

In questa scena vengono portate alla luce due visioni della vita in villa. La prima viene espressa da Filippo, un borghese che sta andando in villeggiatura a divertirsi ed invita altri ad unirsi a lui. Filippo tende a sprecare il tempo, mentre Fulgenzio tende a considerare il tempo come una risorsa. Sul piano sociale, Fulgenzio non si preoccupa di fare bella impressione, come accade a Filippo, per cui il vero obiettivo è soltanto fare buona figura. Lo scopo di Fulgenzio è fare per guadagnare, invece per Filippo è divertirsi e sperperare.

S.Marcato, IV BIN


In questa scena Fulgenzio critica Filippo in quanto un galantuomo come lui chiede spesso denaro in prestito prima di affrontare la villeggiatura: Fulgenzio motiva bene la sua critica, affermando che le persone che mangiano "del suo" durante la villeggiatura, sono le prime a parlar male di lui.

D.Masiero IV BIN