Alessandro Falca detto Longhi, Ritratto di Goldoni

CARLO GOLDONI: la riforma teatrale
IVB 
Prefazione alla prima raccolta delle Commedie, 1750

Era [...] corrotto a segno da più di un secolo nella nostra Italia il comico teatro, che si era reso abominevole oggetto di disprezzo alle oltremontane nazioni.
Non correvano sulle pubbliche scene se non sconce arlecchinate, laidi e scandalosi amoreggiamenti, e motteggi; favole mal inventate, e peggio condotte, senza costume, senza ordine, le quali, anzichè correggere il vizio, come pur è il primario, antico e più nobile oggetto della commedia, lo fomentavano, e riscuotendo le risa dalla ignorante plebe, dalla gioventù scapestrata, e dalle genti più scostumate, noia poi facevano ed ira alle persone dotte e dabbene ...


Io frattanto ne piangea fra me stesso, ma non avea ancora acquistati i lumi sufficienti per tentarne il risorgimento. Aveva per verità di quando in quando osservato che nelle stesse cattive commedie eravi qualche cosa ch'eccitava l'applauso comune e l'approvazion de' migliori, e mi accorsi che ciò per lo più accadeva all'occasione d'alcuni gravi ragionamenti ed istruttivi, d'alcun dilicato scherzo, d'un accidente ben collocato, di qualche viva pennellata, di alcun osservabil carattere, o di una dilicata critica di qualche moderno correggibil costume: ma più di tutto mi accertai che, sopra del maraviglioso, la vince nel cuor dell'uomo il semplice e il naturale...

... pensai, dico, che agevolmente si avrebbe potuto render la commedia migliore, più sicura e di ancor più felice riuscita, scrivendo la parte di tutti i personaggi, introducendovi vari caratteri, e tutti lavorandoli al tornio della natura, e sul gusto del paese nel quale dovean recitarsi le mie commedie...

... dirò con ingenuità, che sebben non ho trascurata la lettura de' più venerabili e celebri autori, da' quali, come da ottimi maestri, non possono trarsi che utilissimi documenti ed esempli: contuttociò i due libri su' quali ho più meditato, e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il Mondo e il Teatro...

Il libro del Mondo e il libro del Teatro

Il Mondo è davvero, per il Goldoni, il primo "maestro", necessario in ogni tempo alla vitalità della commedia [...]. Il Mondo è definito [...] nella sua varietà di caratteri, di passioni, di "avvenimenti curiosi", di "correnti costumi": dei "vizi e dei difetti", aggiunge, "che sono più comuni del nostro secolo e della nostra Nazione"; e anche dei "mezzi con cui qualche persona virtuosa resiste a questa corruttela." Il suo teatro vuol essere, dunque, trascrizione del contemporaneo e di un contemporaneo nazionale [...].
Il secondo termine, il Teatro, è un modo specifico di comporre gli elementi offerti dal Mondo. Esso gli insegna i "colori" per "rappresentarli", il modo di "ombreggiarli" per dar loro "rilievo", le tinte che più li rendono grati agli spettatori."

Giovanni Antonio Canal detto Canaletto, Il ponte di Rialto

Il Teatro è una realtà fittizia, provvisoria, che rinvia a "ciò che si vede tutto il giorno nel Mondo": se è il risultato di un'osservazione del Mondo, in esso trova anche la sua funzione.
Il Teatro non è quindi una forma autonoma. Da una parte, infatti, la "Commedia è Poesia da rappresentarsi, [...]; dall'altra ha fuor di sè il suo compimento, e ciò non può essere dimenticato da "uno da "uno scrittore... che scrive per il Teatro, ch'è quanto a dire principalmente pel Popolo."
La commedia è dunque un'illusione di realtà, ottenuta con la rappresentazione, che tende a far riconoscere al popolo i veri aspetti di essa.

Tratto da M.Baratto, "Mondo" e "Teatro" nella poetica di Goldoni, in Tre studi sul teatro: Ruzante, Aretino, Goldoni, Vicenza 1964

Critica della nobiltà e critica della borghesia

Il personaggio di Pantalone, maschera conosciuta dai comici dell'arte, è il primo "carattere" storico coerente che il mondo contemporaneo, grazie a Goldoni, immette nello spettacolo tradizionale con la forza di una storica necessità.
Sin dal Momolo cortesan (1738), il personaggio del mercante trae, da un'attività economica e da una conseguente condotta sociale, gli spunti di una nuova moralità, fondata sulla laboriosità produttiva e contrapposta al nocivo parassitismo delle classi aristocratiche.
Ma la "virtù" mercantile è viziata all'origine dall'angustia della propria visione, che trova dei limiti invalicabili nella preoccupazione difensiva di onestà e reputazione.
Ne è un esempio probante il Pantalone de La famiglia dell'antiquario (1749), il quale, rispetto allo sperpero nobiliare, riuscirà solo ad opporre la sua morale degli affari, la salvaguardia del patrimonio, l'onorabilità della famiglia.
Inabile a scuotere le basi dell'ordine istituzionale di una società in crisi per il difetto di iniziativa politica, Pantalone si accontenta di salvare il salvabile, o comunque si illude che basti opporre la sua morale economica e familiare severa a una società che non sa amministrare i propri beni.
Alla carenza di iniziativa politica, può fare anche riscontro un desiderio di integrazione, che assume, talvolta, le forme snobistiche dello scimmiottamento dei comportamenti aristocratici. Un esempio significativo è offerto dalla Trilogia della villeggiatura, ed in particolare da Le smanie per la villeggiatura (1761), commedia nella quale Goldoni ridicolizza il tentativo messo in atto da alcuni borghesi di imitare lo stile di vita nobiliare, vivendo la villeggiatura come manifestazione di una ricchezza più presunta che reale.
Goldoni, d'altra parte, condanna la condotta dei nobili, soprattutto di quelli fra loro che vorrebbero compensare la loro rovina economica con l'intrigo e con l'arroganza della loro nascita, del loro ozio e della loro fatuità (si pensi al Marchese di Forlimpopoli de La locandiera).
Ma, per restare al tema della villeggiatura, il contesto della vita in villa offre a Goldoni l'occasione anche per evidenziare altri aspetti della decadenza nobiliare, non legati alla dissipazione dei patrimoni, ma ad una dimensione più intima a privata, quale quella dei rapporti affettivi all'interno dell'istituzione matrimoniale.
La commedia La villeggiatura (1756) costituisce un esempio interessante di sviluppo di tale tema, non privo di venature sentimentali dolorose, se non drammatiche.

Rielaborazione da R.Ceserani, L.De Federicis, Il materiale e l'immaginario, v.VI, Torino 1981