Stemma della famiglia Foscarini |
Nel marzo 1762, due mesi prima di venir eletto doge, Marco Foscarini
affrontò l'argomento dei rapporti fra i nobili in un memorabile discorso
in Maggior consiglio: Rielaborazione da V.Hunecke, Il corpo aristocratico, in Storia di Venezia. L'ultima fase della Serenissima, v.VIII, pp.361 e 364 |
Pietro Falca detto Longhi, Il ciarlatano, 1757 | La decadenza nobiliare nelle testimonianze del tempoScriveva nel 1736 alla Serenissima Signoria il nobiluomo Marcantonio Catti: «Se la pubblica carità non porgesse soccorso alle famiglie nobili che languiscono per l'estrema povertà, sarebbe non di onore ma di pena la stessa nobiltà»: e come lui, qualche decina di nobili presentava ogni anno, sin al cadere della Repubblica, analoghe richieste. Ma quando a uno di questi nobili poveri accadeva di ottenere una carica di rettore in qualche piccolo centro della Terraferma, cercava subito il tono e il modo per far sentire ai suoi amministrati che lui era nobile veneto, magari per rivalersi delle mortificazioni che aveva subito. Che un simile atteggiamento, così lontano dall'antico ideale civile e politico del patriziato veneziano, avesse assunto dimensioni massicce, tali da preoccupare gli spiriti più vigili e solleciti dell'avvenire della Repubblica, è dimostrato dalle pagine accorate che scriveranno uomini quali Marco Foscarini e Andrea Tron, o dalle commedie che Carlo Goldoni, certo d'intesa con nobili di questo orientamento, scriverà e farà rappresentare tra 1740 e 1751: dove il tipo di nobiluomo di Terraferma, tracotante, borioso, perditempo, sempre sul punto di rovinarsi, sarà proposto alla nobiltà veneziana come modello deformato in cui riconoscersi, da cui trarre l'incitamento ad emendarsi. Tratto da da G.Cozzi, Ambiente veneziano, ambiente veneto. Governanti e governati nel dominio di qua dal Mincio nei secoli XV-XVIII, in Storia della cultura veneta. Il Settecento, v.4/II, pp.495-528 |
Lo scadere del concetto di nobiltà dev'essere rilevato nelle pagine di
quegli scrittori che del vecchio mondo vedono spesso l'angustia ma non
augurano la rivoluzionaria trasformazione.
Il tema dell'inerzia dei nobili o della loro arroganza compare nel Goldoni
del Feudatario o della Bancarotta, dove l'insolvibilità
del nobile protetto da taciti privilegi di fronte al mercante sull'orlo
del fallimento, si rivelava per quello che era, "un robar bello e bon".
Ma la missione di governo della nobiltà non serbava più la sua validità
neppure per Gasparo Gozzi, pur così dolorosamente lontano da ogni fiducia
in una riforma sociale. E non erano tanto gli improvvisi scatti satirici
contro l'arroganza dei nobili, quanto e assai più la fede nell'osservazione,
e quindi nel contatto vivo e vivificante col mondo e le sue cose, ad allontanarlo
da una nobiltà irrigiditasi nelle sue tradizioni: senza affermazioni di
principio, ma colla stanchezza di chi osservava un mondo che non riusciva
ad amare.
Rielaborazione da M.Berengo, Il problema politico-sociale di Venezia e della sua terraferma
La suddivisione in classi del corpo aristocratico operata da Giacomo Nani (1750)
Classe |
Case vecchie |
Case nuove |
Tutte le case |
|||
I "famiglie assai ricche" |
40 |
10,0% |
4 |
4,0% |
44 |
8,7% |
II "che hanno più del loro bisogno" |
42 |
10,4% |
18 |
17,8% |
60 |
11,9% |
III "che hanno il loro bisogno" |
129 |
32,1% |
50 |
49,5% |
179 |
35,6% |
IV "che hanno meno del loro bisogno" |
76 |
18,9% |
18 |
17,8% |
94 |
18,7% |
V "che non hanno niente" |
115 |
28,6% |
11 |
10,9% |
126 |
25,0% |
Totale |
402 |
100% |
101 |
100% |
503 |
99,9 |
Tratto da V.Hunecke, Il corpo aristocratico, in Storia
di Venezia. L'ultima fase della Serenissima, v.VIII, pp.361 e 364 |
La villeggiatura dei nobili nel Settecento
| Scuola di Pietro Falca detto Longhi, Il concerto, sec.XVIII |