MAGISTRATO DEI BENI INCULTI
 

Nel 1509 papa Giulio II, Luigi XII re di Francia, l’imperatore Massimiliano e Ferdinando d’Aragona, uniti nella Lega Santa o Lega di Cambrai, attaccano la Repubblica a causa dei contrasti con il pontefice per il controllo delle Romagne. L’esercito veneziano, disastrosamente sconfitto nella battaglia di Agnadello, si ritira perdendo via via le città della terraferma. A salvare la situazione concorsero la saggezza e la diplomazia politica del governo veneziano che, attraverso concessioni e restituzioni, mirò a disgregare le alleanze degli Stati coinvolti. Con la Pace di Bologna, Venezia riuscì a mantenere intatti gran parte dei suoi domini di terraferma.
La diffusione delle ville nello stato da terra della Serenissima ebbe inizio proprio dopo la crisi cambraica, con l’avvio della riconversione del patriziato da ceto mercantile ad aristocrazia terriera: il governo mirava ad arginare la fuoriuscita annua di moneta pregiata necessaria per l’acquisto di grano all’estero.

Alvise Cornaro, studioso di idraulica e imprenditore agricolo, nel 1541 inviò al doge una lettera nella quale sosteneva che spettasse alla Signoria e non ai privati l’esecuzione dei lavori di bonifica. Divenne così l’ideatore del Magistrato dei Beni inculti che si occupava delle concessioni di acqua per l’irrigazione dei campi e dei giardini, e della bonifica dei terreni. Nel 1545 il Governo spedì dei periti a visitare tutti i territori e dopo nove anni di diligente esame il Senato nominò tre Provveditori che avevano il compito di sorvegliare e coordinare gli sforzi dei privati consigliandoli con elementi tecnici. A questi l’interessato doveva presentare una supplica, accompagnata da uno schizzo del terreno, spiegando quanta acqua voleva e per quali scopi. Venivano quindi mandati sul posto dei periti per redigere una mappa dettagliata e stendere una relazione, procedura simile ai moderni permessi edilizi. Questo permetteva di mediare gli interessi di tutti e di creare un enorme archivio di mappe, tuttora conservato. Le opere di irrigazione e di bonifica comportavano costi onerosi, ma le licenze concesse promettevano benefici enormi ed erano quindi fondi di rendita per lo Stato. Esenzioni fiscali, sovvenzioni, incoraggiamenti di ogni genere andarono ad incrementare sempre più quel movimento di “educazione” della terraferma: si crearono tanti consorzi quanti erano i fiumi da controllare. Con un sistema di saracinesche e di argini, l’acqua cominciò a seguire il corso voluto dall’uomo: le paludi vennero prosciugate, i territori aridi furono riforniti dell’acqua necessaria per ottenere raccolti costanti. Edifici stupendi come regge, collocati al centro di vasti poderi, sorsero accanto ai fiumi ricondotti su alvei sopraelevati, vicino ai porti fluviali o al centro di vaste radure strappate alle paludi. Grazie a questa politica unitaria, che durò fino alla caduta, la Serenissima rese possibile la fioritura delle ville che permise al Palladio di operare in tutte le province venete.
Daniele e Marcantonio Barbaro, figure di primo piano nell’attuazione della politica agricola, riconosceranno a Palladio l’importante ruolo di trasformare e rafforzare lo stato veneziano. «Anche i suoi committenti non veneziani sapevano che Palladio, amico dei potenti, avrebbe potuto, in caso di necessità, spendere una parola in loro favore. Questo indubbiamente rafforzava il prestigio dell’architetto e il desiderio di costruire una casa di campagna con un suo progetto». (Burns 2005, p. 82)

Jacopo Tintoretto
Ritratto di Alvise Cornaro, 1560-1565
Olio su tela, 113 x 85 cm
Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti.