VILLA EMO |
Iniziata nel 1558
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Il patrizio veneziano Leonardo Emo, provveditore per la Terraferma, nel 1535 acquistò da Andrea Barbarigo un podere di circa quaranta ettari da coltivare a mais, irrigandolo con le acque di un canale derivato dalla Brentella.
La villa palladiana risponde alle esigenze dell’azienda agricola.
Il purismo del disegno esalta l’unità lineare del complesso architettonico dal quale emerge la limpida volumetria della casa dominicale, innalzata su un basamento e collegata al suolo da una lunga rampa di pietra; le torri colombare concludono le rettilinee e simmetriche barchesse.
L’ordine scelto è il più semplice, il dorico, e le colonne, assorbite dal muro per ¼ del loro diametro, graduano il passaggio della luce dalle pareti esterne alla loggia in ombra, coronata dal timpano che ospita lo stemma della famiglia, come in tutte le ville palladiane.
La zona era attraversata dall’antica via Postumia e la trama dei campi seguiva la griglia della centuriazione romana. La villa, orientata secondo tale trama, gode di una veduta prospettica lunghissima: una vera fusione tra edificio e paesaggio.
Prospetto di villa Emo
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Planimetria del piano nobile
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Prospetto e sezione
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«[Le] decorazioni a fresco risultano essere una problematica costante delle ville palladiane: gli affreschi sembrano infatti talvolta assecondare e talaltra tradire le intenzioni dell’architetto e fornire una sorta di lettura abusiva e fuorviante dei suoi spazi e dei suoi volumi. Eppure Andrea parla spesso e in termini elogiativi dei suoi collaboratori (sia pittori che stuccatori) all’opera nelle ville. Da una parte quindi è da prestar fede al fatto che gradisse e ritenesse legittimi questi interventi e che, anzi, fosse egli stesso a suggerire al committente o a chiamare al proprio fianco i decoratori; dall’altra parte va anche sottolineato che - sia a Venezia che altrove – la moda e il gusto correnti chiedevano che le abitazioni fossero completate e quasi rifinite da siffatti apparati d’ornato che svolgevano il più delle volte temi celebrativi (in termini mitologici e storici) delle glorie del casato o di singoli membri della famiglia proprietaria». (Romanelli 1995, p. 21) | |
Giovanni Battista Zelotti
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