Gasparo Gozzi

GASPARO GOZZI TESTIMONE DEL SUO TEMPO
IVB 

Gasparo Gozzi (Venezia, 1713-Padova, 1786), nato da famiglia nobile e agiata, frequentò il Collegio dei padri Somaschi a Murano ed entrò poi in contatto con l'ambiente arcadico veneziano, avviandosi a studi letterari. Continue difficoltà finanziarie lo costrinsero a guadagnarsi la vita con il "mestiere" di letterato: compose su ordinazione versioni e rifacimenti di opere straniere.
Nel 1747 assunse la gestione del teatro Sant'Angelo, facendovi rappresentare testi francesi tradotti e adattati: l'iniziativa si concluse nel giro di una stagione con insuccesso e danno economico. Nello stesso anno partecipò con il fratello Carlo ed altri letterati alla fondazione dell'Accademia dei Granelleschi, di orientamento classicistico.
Nel 1748 entrò in qualità di segretario al servizio di Marco Foscarini, assistendolo nella composizione della sua Storia della letteratura veneziana (stampata nel 1752).
Pubblicò tra il 1750 e il 1752 i due volumi delle Lettere diverse e dal 1760 al 1762 di dedicò alla redazione di periodici: la "Gazzetta veneta", "Il Mondo morale" e "L'Osservatore veneto".
A partire dal 1763 fece stampare i suoi diciannove Sermoni.
Nei primi anni '70, grazie alla protezione di Caterina Dolfin Tron, ottenne incarichi importanti: gli viene affidato il compito di preparare un piano di riforma degli studi e viene nominato sovrintendente delle scuole di Padova.

Sintesi tratta da R.Ceserani, L.De Federicis, Il materiale e l'immaginario, v.VI

Il rapporto con Marco Foscarini

A Stelio Mastraca, 1756
Carissimo amico, voi mi fate disperare. Ho veduto lettere vostre in mano di Vittorio, di vostra consorte, di Stefano e di tuttiquanti, e principalmente d'Elia Teotochi, del quale non vi potrei dire tanto male quanto ne merita.
Io solo ne sono privo; e con un saluto asciutto vi sbrigate. Se pur vi curate di sapere quel ch'io faccio, crudele! sto bene; ricopio per S.E.Foscarini, con quel piacere che un cristiano può avere a copiare...


A Caterina Tron, 2 agosto 1772
Qui si segue a vivere con buona salute; pregandosi solamente i cieli a far cessare un poco il caldo che ci arde vivi. E pure io temo assai che sia maggiore a Padova che in Venezia, avendolo io provato costà più volte, di questa stagione, quando era valigia di casa Foscarini...

Al nipote Antonio, 17 settembre 1782
Carissimo signor nipote, della Storia della letteratura veneziana, il serenissimo Foscarini ne stampò un tomo, nel quale io ebbi molta mano: so che ne apparecchiava un altro tomo, in cui io non ebbi nessuna occupazione, nè credo che mai lo terminasse. [...] Di più non so, ne possi aver carte di lui. Quello ch'io dettai per quattordici anni continui fu la tela di Penelope, rifatta ogni dì, e tutta in casa sua: ond'io, come di cosa non mia, non ne serbai mai una carta...

Marco Foscarini

Villa Foscarini Negrelli Rossi, Stra

Foto J.Giacomello, IV B Inf

La villeggiatura con Marco Foscarini

All'abate Gasparo Patriarchi, 1744

Martedì passato uscii di Venezia per un soggiorno di otto dì alla Mira con S.E. Procurator Foscarini [...]. Mi sono consolato ch'Ella stia bene; che l'aria fuori di Venezia Le dia salute, e soprattutto bellezza; la qual grazia non ho io potuto acquistare nella mia villeggiatura.
[...] Io son giunto ora. Ho avuto un tempo pessimo. Ma la mia fortuna mi fece trovare tra l'acque in una quasi quinquereme che mi ha portato fuori di un bell'impaccio, il quale era già stato preveduto da me a Fusina.
E per darmi spirito, prima di entrare in così pericolosa navigazione, in una pozzanghera d'osteria mi confortai l'animo con un gagliardo desinare, accompagnato d'un vino che vinceva quello di Cisti fornaio: e meco era il fratello del signor Girolamo: e ci incoraggiammo l'un l'altro come due buoni parenti.
Imbarcammoci poi e un dolce sonno ci nascose le nostre disgrazie fino a Vinegia.



Alla signora Mastraca, 18 giugno 1756

Ieri, giunto alle ore ventuna a casa Foscarini, trovai una peota (leggete bene) alla riva, piena di camerieri, staffieri, cameriere e donzelle, Dio mel perdoni, che stavano per levare l'ancora.
Mi parea d'essere alla Grazia a vedere le barche d'Assisi. Tutti faceano uno strepito, un caricare roba, un gridar: Qua quel baule; Là quella scatola; Dov'è il tabarrino? Chi ha veduto il mio ventaglio? Piglia quella cagnuolina, che non vada in acqua! e simili altri discorsi che io ascoltai fino alla partenza della barca. Poi, andato di sopra, e aspettando fino alle ore ventidue e mezzo, montai col gran protettore in rimurchio, e venni a Fusina; dove si entrò nel legno, e venimmo alla Mira.
Qui ce la godemmo in santa pace, soli, fino alle tre della notte: se non che al caffè trovammo il signor Niccolò Caramondani, il quale si fermò un'ora a discorrere con S.E. di cosa che mi seccavano l'anima; e poi andò a casa, per quanto credo, a contare l'onore che avrà avuto S.E. di parlar seco e di consigliarsi sopra certi punti di politica; benchè, per verità, non abbia parlato d'altro che dell'aria della Mira e de' moscioni.
Giunse finalmente la barca , e si scaricarono le robe e le creature : e di là a mezz'ora , con grande strepito di ruote e scuriade , arrivarono i due sposi , la Signora Mariella col Consorte, Costantino Renier, e un Marcello. Poco prima che smontassero , un cameriere corse ad illuminare tutta la sala terranea piena di lumiere, dove poco prima con due candele sole di cera a un picciolo tavolino stavano un Procuratore di San Marco e il Gozzi spolpato e mezzo morto...

Lettere tratte da Gasparo Gozzi, Scritti, v.III, Firenze, 1849

Villa Foscarini Erizzo, Pontelongo

Dedica delle Lettere diverse, 1750

A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR MARCO FOSCARINI Cavaliere e Procuratore di San Marco

Questa raccolta dì lettere, Eccellenza signor Procuratore, è certamente in gran parte nata dalla quiete che ritrovò l'animo mio sotto la sua protezione. Quante volte ella si è compiaciuta d'avermi seco ne' suoi nobili ritiri, ora di Pontelungo, ora della Brenta, altrettante sentii aprirmisi l'intelletto e rendersi capace di produrre qualche cosa, tratto fuori da quelle tenebre, nelle quali sta spesse volte ravviluppato, forse piuttosto per li maligni accidenti che lo travagliano, che per sua natura.
Ben si potrebbe dire ch'io fossi affatto lontano dall'affetto agli studii, i quali non ho tuttavia abborriti mai, se in luoghi tali, in tanta tranquillità, tra infinite cortesie e , quello che più vale, con lo specchio davanti di un personaggio che altro diletto non prova, fuorché d'impiegare il tempo che gli avanza da' suoi gravissimi uffizii nella occupazione delle lettere, io non avessi consumate le ore in altro, che nell'infingardaggine e nell'ozio.
Oltre poi all'essere queste scritture state prodotte ne' luoghi suoi e per sua gentilezza, io posso ancora pubblicamente affermare che per sua umanità vengono alla luce; onde ragionevolmente non debbono essere indirizzate a verun altro, che all' Eccellenza vostra. [...]
Dell'Eccellenza vostra
Umiliss. Obbligatiss. Servitore
Gasparo Gozzi.

Gasparo Gozzi, Opere, v.XIII, Padova, 1820

Foresteria di Villa Foscarini Negrelli Rossi

Foto J.Giacomello, classe IV B Inf

Villa Foscarini Erizzo a Pontelongo

LXXI, Villa fantastica

Una bella e piacevole villetta mi fu a questi giorni apparecchiata dalla fantasia, mentre che ognuno uscito dalla città si gode l'aria serena e aperta della campagna.
Egli è il vero che non posso ad ogni mia voglia riandarvi, nè rivederla; ma spesso ritornandovi colla mente, riveggio ancora quello che vidi una volta, e vado pascendomi delle sue delizie col pensiero, poichè non posso andarvi co' piedi del corpo. Ma acciocchè sia nota altrui la qualità di questa mia fantastica villetta, conviene ch'io entri in una certa breve narrazione necessaria per venirne al fatto.
Che ognuno brami quello che non può aver facilmente, è cosa notissima. A questi dì intrattenuto da diverse occupazioni, e spezialmente da questo benedetto calamajo, da cui ho tratte più parole di quante ne abbia mai proferite colla lingua in vita mia, lagnavami così fra me dicendo: Ecco quante barchette si spiccano dalle rive.
Io veggo parecchi burchielli molto ben ripieni di masserizie che se ne vanno; indizio che le persone, le quali vi sono dentro, intendono di fare una lunga dimora in campagna. Quanta allegrezza si manifesta in que' visi! come ne vanno lieti! Di qua a poche ore giungeranno cotanti giovani e quelle vezzose donne a quella cotanto desiderata libertà de' campi. Egli mi par già di vedere i castaldi, avvisati per lettera dell'andata de' padroni, affaccendati nell'aprire usci, finestre, rifar letta e spazzare stanze, acciocchè apparisca la diligenza loro; e mostrarsi desti e attenti, e dar ad intendere di avere usata per tutto il tempo passato buona custodia all'abitazione.

Spiegano all'aria le loro verdi fronde i cedri, gli aranci, e spargono soavissimo odore di fiori, e allettano gli occhi con la quantità delle frutte. Ed ecco che le barche approdano co' padroni, si abbaruffano i servi a portare e a far portare le masserizie; si va a' giardini, si passeggia; si ritorna alle stanze, si giuoca, si scherza, si ride, si mangia, si dorme; e tutt'i pensieri sembrano fuggiti da' cervelli, nè altro si aggira intorno fuorchè contentezza e diletto. Tutte queste cose parecchi giorni mi stettero fisse e salde nel capo, nè di là si poteano mai partire, dolendomi io grandemente che le mie faccende mi togliessero cotanto diletto, e quasi mi legassero quale schiavo alla catena.
Per più farmi disperare, ebbi a tutti questi giorni da' cortesissimi spiriti i più grati inviti del mondo. Vieni. Che vuoi far tu sempre penzoloni sopra que' tuoi mortiferi libri? Poi quando anch'egli ti toccasse il capriccio di leggere o scrivere, non credi tu che si possa? Molto maggiore e più largo campo ti darà di farlo quella solitudine, quel silenzio.
E poi non sai tu che più utile si trova il cervello chi di tempo in tempo qualche sollazzo gli dà, che colui il quale lo tien teso sempre nelle applicazioni e tra le fatiche? - Io mi scusava, adduceva le mie ragioni, ringraziava, faceva inchini, e mi partiva di là dolendomi fra me amaramente di non poter accettare così belle cortesie; e, ingrognato e solo, rivolgeva per mente quel buon tempo ch'io perdeva. Ma il sonno mi compensò in parte de' passati rammarichi, e mi apparecchiò innanzi quello che scriverò qui sotto.

Gasparo Gozzi, Prose varie, Milano, 1849

La critica ai borghesi.

Nel sermone Della villeggiatura, Gasparo Gozzi affronta il tema dei borghesi che imitano lo stile di vita dei nobili e li condanna con un'ironia moralistica che ricorda molto quella goldoniana delle Smanie per la villeggiatura:

A Pietro Fabbri
Se nobil donna che d’antica stirpe
ha preminenza, e buona e ricca dote,
lautamente villeggia, onor ne acquista,
splendida è detta: se lo stesso fanno
la Giannetta, la Cecca, o la Mattea,
spose a banchieri o bottegai, son pazze.
Non è tutto per tutti. Uom destro e lieve
sia di danza maestro: il zoppo, sarto,
industria da sedili. Ogni uom che vive,
sé medesimo misuri, e si conosca.
Ma che dir giova? A concorrenza vanno
degli uccelli del ciel minute mosche.
Somigliar vuol la sciocca rana al bue:
si gonfia, e scoppia. O gentil Fabbri, io scrivo
di ciò fra salci sulle ricche sponde
della Brenta felice: e mentre ognuno
corre ad uscio o a finestra a veder carri,
cavalli e barche, qui celato io detto,
notomista di teste…
[...]
Pietà mi prende; e sol fra mio cor dico:
di sua salita, boriosa, gode
la zucca in alto e le più salde piante
imita come può: ma boriando,
pensi alle sue radici, e tema il verno.

Gasparo Gozzi, Opere, v.XIII, Padova, 1820

G.D.Tiepolo, Passeggiata invernale, Villa Valmarana ai nani, foresteria